Prospettive esplorative in alcune cavità del Monte Verena

Loch '90 - '91 - Speleologia in Altopiano

L'unità morfocarsica del M.Verena, SCO7, è situata nella parte nord-occidentale dell'Altopiano dei Sette Comuni. Trattasi di un'area piuttosto vasta delimitata ad ovest dalla Val d'Astico mentre ad est, la profonda incisione della Val d'Assa la stacca nettamente dal resto dell'altopiano e dalla opposta dorsale costituita dal Portule e dal Meatta. Le maggiori cime del settore sono il M. Verena (m.2015), il M. Campolongo (m.1720), il M. Agro (m.1671) e il M. Erio (m.1627). Nell'area sono fino ad oggi state esplorate una cinquantina di grotte tra le quali spicca la famosa Caverna del Sciason. Nonostante si sia-. no alternati nelle ricerche vari gruppi speleologici, nessuna di queste grotte ha superato fino ad oggi i 100 metri di profondità e questo, in una zona come l'altopiano che speleologicamente parlando sta letteralmente esplodendo, sta a dimostrare quanto l'area sia in realtà stata indagata solo in maniera superficiale. Essendo il M. Verena un'area dalle potenzialità notevoli, abbiamo pensato che valesse la pena di approfondire le ricerche in quelle poche grotte che a nostro avviso potevano ancora riservarci qualche sorpresa. La scelta è caduta su alcune cavità ubicate in una porzione di territorio piuttosto ristretta compresa grosso modo tra la Cornahuta, il Bosco Laerch Pom, il Talfarin e la zona immediatamente circostante Malga Verena (45 Kmq in tutto). Le cinque grotte di cui parleremo non sono certamente le uniche, tra quelle conosciute nell'area, a rivestire un certo interesse. Essendo il Monte Verena particolarmente ricco di grotte contenenti depositi di ghiaccio non è affatto escluso che presto o tardi possano arrivare soprattutto da queste piacevoli novità. Da parte nostra, ci siamo limitati a quelle che meglio conosciamo in modo da ottenere dei risultati il meno dispersivi e i più razionali possibile.


 GROTTA DEL GRUPPACH 1994 VVI

  • Unità Morfocarsica: SC7
  • Comune: Roana
  • Località: Spiazzi dei mercanti
  • Long: 1° 01' 47"
  • Lat: 45° 53' 27"
  • Quota: 1480
  • Svil: 77
  • Disl: +8 -4

Si apre in località Cornahuta, poco distante dalla strada che dalle casare Gruppach sale alla Croce del Civello. E' formata da un'ampia galleria orizzontale che si apre sul fondo di uno sprofondamento. Alcuni cunicoli, posti a varie altezze nella parte terminale della grotta non sono stati esplorati essendo in effetti molto stretti e costituiscono pertanto un punto interrogativo. Ci sono comunque le possibilità per una disostruzione.


 GROTTA DEL TALFARIN 2894 VVI

  • Unità Morfocarsica: SC7
  • Comune: Roana
  • Località: Talfarin
  • Long: 1° 01' 50"
  • Lat: 45° 54' 34"
  • Quota 1527
  • Svil: 113
  • Disl: -41

É formata da un ampio inghiottitoio che dà accesso a dei vasti ambienti che portano ad una profondità di -40. Anche qui restano da verificare una condottina nella parte finale e un pozzetto che chiude in frana.


 BUSA DELLA CALDERA 1174 VVI

  • Unità Morfocarsica: SC7
  • Comune: Roana
  • Località: M. Verena
  • Long: 1° 01' 57"
  • Lat: 45° 54' 32"
  • Quota: 1545
  • Svil: 105
  • Disl: +15

Si tratta di una emittente ormai fossile che si affaccia sul bordo esterno di una grande e profonda dolina. In prossimità dell'ampio portale d'ingresso, in basso a destra da una stretta fessura orizzontale, esce, in determinati periodi dell'anno una notevole corrente d'aria. Varie uscite da noi fatte negli ultimi tempi ci hanno permesso di penetrare in una condottina meandriforme per una decina di metri. Qui, una nuova strettoia ci ha per il momento bloccati ma i lavori continuano e se la corrente d'aria non mente troveremo certamente qualcosa di importante.


 BUSO TONDO

  • Unità Morfocarsica SC7
  • Comune: Roana
  • Località: Bosco Laerch Pom
  • Lung: 1° 01' 32"
  • Lat: 45° 54' 37"
  • Quota: 1460
  • Svil: 171
  • Disl: -43

Il Buso Tondo, così chiamato per la forma del suo grande pozzo d'ingresso, è oggetto delle nostre attenzioni già da parecchi anni.

Descrizione e storia delle prime esplorazioni: 
Il primo pozzo, profondo una ventina di metri e con un diametro di 15, è coperto sul fondo da un cumulo di neve perenne. Sulle sue pareti, a qualche metro dal fondo, si aprono alcuni cunicoli.Sul lato ovest, a non più di due metri dal cono formato da neve detriti sembra partire un'ampia galleria in salita che però dopo qualche metro si biforca  dando   origine  a  due   condottine molto strette.


Quella di destra, con andamento meandriforme alta e stretta, è percorribile per una decina di metri e poi si restringe. Quella di sinistra, dopo 6-7 metri, diventa uno stretto budello a sezione circolare, percorso a suo tempo per qualche decina di metri. Il poveretto che l'aveva percorso, fece tanta fatica ad uscirne che in seguito nessuno ebbe il coraggio di rilevarlo. La stessa sorte è toccata al cunicolo che si affaccia sul pozzo dal lato nord, percorso anch'esso per qualche decina di metri e mai più ripetuto. In ambedue i casi, si tratta comunque di arrivi per cui una loro eventuale ulteriore esplorazione non dovrebbe rivestire una particolare importanza per la conoscenza della cavità.

Ben più importante sembrava invece un altro cunicolo posto sul lato sud del pozzo e che dava l'impressione di essere la continuazione della galleria prima descritta, tagliata in due alla formazione dell'attuale pozzo d'ingresso. Purtroppo, questo cunicolo, molto stretto e basso, venne in un primo momento trascurato essendo dopo appena un paio di metri ostruito da una grande quantità di pietrisco.

Nella parte più bassa del primo pozzo riuscimmo invece ad infilarci tra roccia e ghiaccio accedendo a due distinti ambienti collegati tra loro: una sala circolare posta alla base di un grande camino alto 12-13 metri con un impercorribile cunicolo in arrivo da nord e una grande sala rettangolare detta "la discoteca". Quest'ultima, larga 8-9 metri, lunga oltre 20 per due di altezza, si è formata lungo un giunto di stratificazione e presenta sia il pavimento che il soffitto molto regolari e quasi perfettamente orizzontali. Il pavimento, in particolare, è completamente ricoperto d'argilla le cui fenditure di ritiro, dovute alla cristallizzazione dell'argilla stessa, danno all'ambiente un aspetto molto originale.

Esaurite le esplorazioni più evidenti, tornammo in seguito a scavare nel cunicolo sud ma senza molta convinzione. Invece, dopo qualche ora, grazie soprattutto alla testardaggine di Angelo, sentimmo alcune pietre (che stava tentando di spostare) cadere all'interno di un pozzetto di dieci metri. In fondo al pozzo, un grande meandro discendente largo 4-5 metri portava ad un fondo in frana e di fronte, ad una pozza d'acqua sospesa. Vari tentativi di scavo vennero fatti sia sul fondo del meandro che nei pressi del. laghetto ma senza risultati. Ci restavano comunque altre due possibilità: un cunicolo orizzontale in arrivo da nord e una stretta fessura da dove usciva un po' d'aria, ambedue alla base del P10. La fessura, dopo qualche ora di lavoro con scalpello e mazzetta, apparve proibitiva e quindi, muniti di martello demolitore, attaccammo il cunicolo sperando ci portasse comunque nello stesso posto da cui proveniva l'aria della fessura.

Ci vollero molte domeniche per vincere la nostra lotta e alla fine ci riuscimmo ma ahimè, dopo aver allargato per 6-7 metri, giungemmo in una saletta al di sotto di un piccolo camino che chiudeva (saletta "ho fatto, ho fatto e non ho visto un...").

Buso tondo '90
Tutto quanto sopra descritto avveniva qualche anno fa e l'amarezza fu tanta che per un bel pezzo non tornammo più al Buso tondo.

Poi, nel febbraio '90, complici le nevicate fino a quel momento pressoché assenti, decidiamo di rilevare quanto era stato esplorato fino a quel momento e, nel contempo, proviamo a rifare il solletico all'unica fessura rimasta inviolata della grotta. In due domeniche di lavoro duro passiamo e scendiamo per due o tre metri dove un'altra strettoia che dà su un pozzo profondo una decina di metri ci ferma. Oramai la faccenda sta diventando una questione di orgoglio e non si può mollare proprio adesso quando sotto ai nostri piedi potrebbero aprirsi le vie dell'abisso; altre due domeniche e anche l'ultimo (?) ostacolo è superato. Scendiamo il pozzo, un P12 pieno di fango in maniera oscena. Sul fondo, questo intercetta un meandrino che ben presto diventa un budello anch'esso nel fango, largo si e no 30 cm., che passa al di sopra di un P6-7 troppo stretto. Dopo che tutti si sono rifiutati di farlo, mi infilo di testa nel budello a mo' di supposta e ne esco subito dopo soltanto perché da fuori due o tre energumeni mi "stappano". L'aria viene comunque dal pozzetto, per allargare il quale basterà probabilmente usare una pala per staccare il fango molto compatto che in parte lo riempie. Ci resta la soddisfazione, dopo anni di sforzi, di essere a -42.

Usciamo infangati e delusi, ma prima o poi, siatene certi, il Buso tondo ci rivedrà ancora.

P. Rigoni


 SPELONCA DELLA NEVE 51 VVI

  • Unità Morfocarsica SC7
  • Comune: Roana
  • Località: Rif. Verenetta
  • Long: 1° 02' 20"
  • Lat: 45° 55' 05"
  • Quota: 1780
  • Svil: 258
  • Disl: -56

Itinerario
Percorrendo la strada bianca che porta alla .cima del Monte Verena, giunti all'altezza di una curva nei cui paraggi è ben visibile un rifugio, si può parcheggiare. Sotto strada, sulla destra, si può notare la grande spaccatura d'ingresso.

Descrizione
Dalla strada si scende fino a guadagnare il bordo  inferiore  dell'ampia  spaccatura nella quale si sviluppa la cavità. Qui, ancorandosi ad un abete, si può scendere, dopo aver frazionato, alla base del pozzo principale.


Tale base si presenta a forma lenticolare molto allungata e dal suo apice inferiore, quando le condizioni di innevamento lo permettono, si può penetrare in un ambiente davvero singolare, dove una grande sala è quasi interamente occupata da una notevole massa di ghiaccio. Sul soffitto si può notare l'arrivo di un cunicolo di apporto che ha originato, al centro di questa massa di ghiaccio, un pozzo profondo una decina di metri ed il cui pavimento è costituito da materiale litoclastico.

Risaliti e tornati alla base del pozzo principale, si può procedere verso monte e, se il deposito di neve lo permette, è possibile passare sotto un ponte di roccia e proseguire, con un po' di cautela, fino a trovare un nuovo grande ambiente. Su questo, un ulteriore pozzo di ghiaccio porta nelle zone più interne della cavità. Se non fosse possibile passare sotto il sopracitato ponte di roccia, oppure volendo visitare solo la parte più interna della grotta, si può scendere dal lato superiore dell'ingresso e giungere in questo modo nel punto in cui ora ci troviamo. Questo ampio salone termina con vari ambienti che si evolvono in laminatoi impercorribili.

Nelle vicinanze dell'ingresso del pozzo sopra menzionato, ci si può ancorare su una parete di roccia tramite uno spit ed iniziare la discesa. Subito, il pozzo si rivela essere una forra scavata nel ghiaccio e nella cui parte superiore è incastonato un enorme tronco di larice. Percorsa la forra per una quindicina di metri, si incontra un gradino roccioso che va a formare il soffitto di una sala alla quale si può accedere attraverso un ripido scivolo di ghiaccio.

Questo, poi, degradando dolcemente, va a costituire il pavimento della sala stessa.

A questo punto, guardando di fronte, si può notare una specie di cono formato da ghiaccio e detriti che, probabilmente, è parte del fondo del pozzo principale.

Dal lato della sala, si può accedere in un vano originato dall'unione di più fusoidi interessati da fenomeni di litogenesi concrezionale.

La scoperta più interessante è stata fatta proprio alla base di questo ambiente, dove è stato individuato un cunicolo con forte corrente d'aria. Per rendere praticabile questo passaggio sono occorse numerose uscite, ma ne è valsa la pena in quanto abbiamo potuto esplorare un bel sistema di vani ascendenti ed allungare così di parecchio lo sviluppo della grotta.

L'esplorazione è tuttora in corso.

spelonca neve

SPELONCA DELLA NEVE - Risalita dei nuovi rami
 
Note

In riferimento alla sopracitata forra di ghiaccio, riteniamo utile fare alcune considerazioni che appaiono interessanti.

Durante le prime esplorazioni, abbiamo notato che, a distanza di una settimana, il suo diametro era aumentato di circa 1 metro. Questo particolare, a nostro avviso, si può collegare direttamente alla disostruzione del cunicolo di cui abbiamo parlato poco sopra. Infatti, i lavori suddetti hanno permesso una maggiore circolazione d'aria che, in un punto critico come quello in cui si trova la forra, può aver dato origine a questo fenomeno.

A riprova delle nostre convinzioni, c'è anche il fatto che, passati ben sette mesi e tra questi un intero inverno, il quale in questa zona anche negli anni più magri scarica sempre un paio di metri di neve, quando siamo tornati abbiamo trovato il passaggio libero come lo avevamo lasciato. Altro particolare degno di nota, riteniamo sia il fatto che ora andremo ad esporre. Mentre stavamo rilevando uno dei primi ambienti descritti, precisamente quello con il pozzo scavato nel ghiaccio, ci siamo accorti che dopo circa un quarto d'ora di nostra permanenza all'interno, è cominciato uno stillicidio che è andato via via aumentando fino a sospingerci ad uscire. Abbiamo così dedotto che la presenza di soli due speleologi quali eravamo, era riuscita ad influenzare il microclima all'interno della grotta.

Sandro Ronzani