Nell'autunno del 1947...

Loch '90 - '91 - Speleologia in Altopiano

Nell'autunno del 1947 per merito di alcuni asiaghesi nasceva il "GRUPPO GROTTE ASIAGO". Essendo finita la guerra da poco più di due anni, e con la conseguente crisi economica in corso, procurare le attrezzature adatte per l'esplorazione di grotte che qui sull'Altopiano sono per lo più verticali, non era cosa da poco. Recuperando alcune centinaia di paletti da tenda abbandonati dai soldati nelle caserme, ed acquistando della corda d'acciaio, si pensò di costruire delle scale. Le stesse dovevano potersi agganciare tra loro, per poter scendere anche ad una certa profondità nelle voragini allora conosciute.

Con lo scrivente facevano parte del gruppo l'ing. Rino Rigoni Laiten, allora direttore o preside della scuola Tecnica Industriale e Avviamento Professionale di via Cinque, il prof. Ennio Tessari insegnante in detta scuola e comandante il distaccamento dei Vigili del Fuoco Volontari di Asiago, Sandro Brazzale, il prof. Marco Stefani, mio fratello Mario (che avendo fatto la Scuola Militare di Alpinismo di Aosta era pratico di roccia e conosceva i vari nodi e sistemi di sicurezza con la corda), Guido Rigoni Nappa ed altri.

Dopo cena, alla sera ci trovavamo nell'officina della scuola di Avviamento dove si segavano a misura i paletti di alluminio, e si foravano ai due lati; poi si preparavano dei cilindri di ferro con un buco da un lato, il quale doveva combaciare con il buco del paletto. Per ultimo veniva praticato un foro nel cilindro che dopo essere stato filettato gli veniva avvitato un piccolo bullone che stretto fissava la corda al punto giusto.

I cinturoni di sicurezza e gli elmetti erano quelli in dotazione al distaccamento dei Vigili del Fuoco; il mezzo utilizzato per il trasporto del materiale e alcuni del gruppo era un autocarro americano Ford 8 V a benzina, recuperato dal Comando Provinciale in un campo Arar e adattato a portare le scale e l'attrezzatura antincendio per questo distaccamento. A quel tempo non c'erano molti autisti e ci accompagnavano due Vigili del Fuoco di allora: Vittorio Gios e Albino Pesavento Nes.

Avevo già fatto una certa esperienza con le scale a corda essendo stato nell'estate del 1943 in servizio come Vigile del Fuoco a Vicenza dopo aver effettuato sia delle salite che delle discese dal castello di manovra di via Soccorso Soccorsetto.

A quel tempo l'esplorazione delle voragini era più difficoltosa delle attuali, perché bisognava agganciare per bene il primo spezzone di scala quindi si scendeva con la corda di sicurezza legata al cinturone fino ad un punto dove si trovava un piano o una cengia, lì ci si auto-assicurava in qualche modo e si lasciava la scala, la corda veniva tirata su per far scendere un secondo, il quale portava con sé il telefono portatile con i cavi collegati ad un'altra cornetta in superficie. Arrivato il secondo, veniva agganciato all'imboccatura un altro spezzone di scala, lo si faceva scendere ad un'altra cengia o piano à seconda della profondità della voragine dove, se c'era la possibilità si ripeteva la manovra e scendevano altri compagni. Nella fase di risalita a turno con la corda di sicurezza, dopo aver telefonato in superficie, si saliva fino alla cengia dove in precedenza si erano agganciati gli spezzoni di scala, lì lo speleologo si fermava e faceva scendere la corda di sicurezza per la risalita degli altri.

Il Brutto Buso era una voragine per lo più verticale, formata da tre grandi pozzi per una profondità totale di 110 metri. (Successivamente la cavità è stata completamente riempita di immondizie). Quella volta nella fase di risalita mi trovavo ad essere l'ultimo, e successe che per un errore di manovra la corda che aveva assicurato il mio compagno era sfuggita di mano ed era precipitata in fondo alla voragine dove mi trovavo. Per buona sorte non la presi in testa, ma è stato un bel guaio lo stesso perché, salire senza corda era piuttosto pericoloso, in special modo per un tratto così lungo. Avevo ancora giù il telefono e legai la corda ai cavi, lentamente per paura che si rompessero, e ancora fra qualche inconveniente i miei compagni riuscirono a riportare la corda in superficie. La manovra fu poi ripresa e tutto si concluse bene, solo che fra una cosa e l'altra rimasi nel fondo della cavità per tre ore. Ricordo che con me avevo sempre un'armonica a bocca, e quella volta più che mai mi tenne compagnia per quelle lunghe ore.

Oltre ad altre grotte minori sono stato presente allo Zemblen e al Buso dei Boi. L'ultima volta che ho adoperato le scale di quel tempo è stato con i Vigili del Fuoco e Sandro Brazzale nel recupero di una donna di Rotzo che era andata nel bosco a far legna. Giunta la sera, la povera donna nell'intento di rientrare a casa, aveva smarrito la strada, e vedendo delle luci invece di portarsi a Rotzo era scesa verso la valle dell'Astico dove era scivolata fermandosi su una cengia nella parete rocciosa. Lì era rimasta tutta la notte. Al mattino, dopo averla localizzata, abbiamo potuto recuperarla sana e salva con l'aiuto di quelle scale.

Aldo Rigoni Stern