E ti accoglie il grande buio, eterno signore del manto nero

Loch '90 - '91 - Speleologia in Altopiano

É un chiudere la porta alle spalle quando varchi quell'ingresso di roccia. T'accorgi che stai lasciando un mondo fuori che senti non ti appartiene più. Un qualcosa invece da laggiù ti chiama e tenti di porti in contatto.

E ti accoglie così il gran buio, eterno signore dal manto nero, che ti ferma, ti avvolge e imprigionandoti ti nega il cammino.

E riconosci in lui la vera notte, forse quella che ami di più perché vera. Eternamente presente, che non conosce né la luce del sole né quella delle stelle, eternamente indivisa, mai da nessuno frazionata in ore e minuti. E' un nulla che ti accoglie.

Nell'oscurità totale essa vuole che ti incammini, ma invece resti fermo e aspetti. La vuoi capire prima di percorrerla. Vedi l'infinito e provi l'angoscia, la tristezza, percepisci, nella sua presenza il male, la morte. Ma tu sei vivo e vuoi percorrerla così, perché nella sua terra da sempre si rigenera la vita con le sue acque profonde purificate.

Ecco che allora il buio non fa più paura. Scopri in lui la rinascita, la creazione, con la sua eterna protezione che serba la vita.

E così t'inoltri e accetti l'eterno buio con speranza. Ed ecco che con questo sentimento, come fosse un rito propiziatorio, accendi la fiammella del casco. Piccola, viva, che ti permette di percorrere il triste colore unendo il visibile con l'invisibile, eterna magica congiunzione fra terra e cielo.

E cammini con questo simbolo di unione sempre presente in ogni atto che compi come se volesse testimoniare che tutto ciò che fai lo fai con amore. E cammini, discendi pozzi su corde che, derubate dalle tenebre dei loro smaglianti colori, tramutate si sono in corde elfiche di mirabile potenza. Strade magiche e sottili che penetrano in vertiginosi abissi e tu ti poni a percorrerle in silenzio timoroso, scrutando il buio, cercando il suo al di là. Ed ecco che finalmente credi di capire chi ti chiamò quaggiù.

Nel freddo della voragine la palpitante luce della fiammella illumina maestosi sassi che reggono la tua terra, le tue montagne.

E riconosci in quei sassi il tuo sasso che avevi raccolto e perduto in un tempo lontano.

Più in là questi sassi si abbracciano in una volta maestosa creando il loro cielo e lassù aggrappate ad esso infinite goccioline d'acqua e vedi in loro una pioggia lontana ascoltata, di tanto in tanto ricordata e ora nel ventre della tua montagna riveduta.

E dove la fiamma termina il suo splendore è l'eterno buio, l'antica giustizia, la pace fra te e la gente.

E ti senti libero di infangarti, di cercare, scavando fra sassi in frana, non l'uscita ma nuove prosecuzioni, che ti portano ancora in profondità, conducendoti sempre più lontano dalla luce, da quella luce che nell'entrare in grotta abbandonasti perché accecante, stanca, male usata.

E scendi ancora, per portare i tuoi occhi a divertire, la tua mente a sorridere, il tuo cuore ad aprirsi nell'impossibile, dove regna il freddo, il fango, la fatica. Dove tutto è immobile scoprire la terra che muta...

E dove l'acqua è passata portandosi appresso il mistero della vita, ecco lunghe eterne strade di roccia preparate per te quasi a volere che tu la raggiunga in fretta.

E così, donandoti enormi saloni, lunghissimi meandri puoi riuscire, nello spazio, negli immensi vuoti della terra a rispettare il suo mistero.

Giliano Carli Paris