No ai tiri militari

Loch 1978 - Organo Interno del G.S.S. - Anno II n. 1

Dopo la sospensione delle esercitazioni militari del 1974, il Comando della Regione Militare Nord – Est di Padova, ha iniziato la procedura per ripristinare un poligono sull'Altopiano.

Il fermo "NO" espresso dai rappresentanti politici locali in seno ai singoli consigli comunali e alla Comunità Montana dei 7 Comuni, come pure quello espresso dall'Amministrazione Provinciale di Vicenza, non è stato tenuto in alcun conto dall'Amministrazione Militare, la quale ha anteposto alla necessità di sviluppo dell'economia locale, l'esigenza delle esercitazioni di tiro a proietto.

L'iniziativa dei militari va inserita in un quadro più ampio. A partire dal 1972 nuovi criteri di difesa permettono di spostare indietro molte unità installate a ridosso del confine Jugoslavo (la famosa soglia di Gorizia) all'interno del Friuli e del Veneto.

Un poligono sull'Altopiano rappresenterebbe un notevole punto di appoggio e vista la vicinanza fra le due Regioni, sarebbe facilmente raggiungibile, per ammissione degli stessi militari e probabilmente utilizzabile non solo a scopo di esercitazioni.

In ogni modo deve essere chiaro che il NO al ripristino dei poligoni, espresso dalla popolazione locale, non è mai stato mosso da pregiudizi antimilitari, bensì da motivazioni di carattere naturalistico, ambientale ed economico.

I danni sono evidenti:
La distruzione del pino mugo e le alterazioni al terreno facilitano il verificarsi di slavine e valanghe (Val Renzola).
Il cotico erboso, danneggiato dai tiri, non si ricompone facilmente sopra i 1.500 metri, con notevole danno per i bovini che pascolano in montagna durante l'alpeggio.
Lo scoppio di proiettili danneggia la FAUNA STANZIALE PROTETTA, come pure i pochi esemplari rimasti di CORVO IMPERIALE, AQUILA ecc., i quali proprio nei mesi di maggior attività di esercitazioni di proietto (maggio-luglio) sono in fase di riproduzione.
Danno alla flora protetta dalla Legge 53/74 della Regione Veneto; molte specie della flora inferiore protetta da tale legge, trovano il loro habitat ideale nell'ambiente dove sono situati i poligoni di tiro.
Verrebbe completamente distrutto il paesaggio carsico già provato da precedenti esercitazioni; ma sarebbero arrecati anche gravi danni ai fenomeni di profondità con la quasi sicura ostruzione degli ingressi delle cavità che si trovano nella zona; inoltre con il protrarsi degli scoppi tutti gli antri relativamente poco profondi verrebbero a franare.
Con lo smottamento del terreno avvenuto con le ultime esercitazioni si è riscontrata una diminuzione e talvolta la mancanza del flusso d'acqua nelle sorgenti di alta montagna.
Danni economici; interruzione dell'attività delle malghe con la conseguenza: A) riduzione dell'attività di alpeggio; B) spostamento continuo degli animali; C) danni alle strutture murarie colpite dai proiettili (malga Zebio, Galmarara, Ronchetto...).
Divieto di accesso ai boschi della zona Nord dell'Altopiano, a causa delle esercitazioni in corso dal quale deriva l'impossibilità di passeggiata in montagna con notevole danno anche all'economia turistica.
I danni al patrimonio boschivo sono ingenti, in quanto vengono colpite anche piante ad alto fusto che non possono più servire come legname (voce importantissima dell'entrata del bilancio dei nostri Comuni).
Danni morali: si distruggono ambienti di incommensurabile valore naturalistico, che non possono essere goduti ne dai locali ne dai turisti; proiettili inesplosi e dimenticati in loco dopo le bonifiche fatte dall'Amministrazione Militare alla fine delle esercitazioni, rappresentano un pericolo costante e sono spesso causa di disgrazia (si veda per tutti il caso Vescovi: a quel tempo aveva dodici anni quando l'11 agosto 1962 presso Malga Larici, per lo scoppio di un detonatore da esercitazione abbandonato, rimase invalido; ancora: vengono disseppelliti i morti, si bombardano montagne già teatro di aspri combattimenti nella I^ guerra mondiale).

L'altopiano, insomma, dal 1915 al 1974 non ha conosciuto tregua, il rombo dei cannoni è sempre stato presente, per cui la popolazione unita agli enti locali, all'Amministrazione Provinciale, ora dice "BASTA".