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Abrisassi
Il fondo che non c'è...

Attività svolta Venerdì, 08 Dicembre 2017

Partecipanti: Elena, Jack
Altri partecipanti: Nino e Chiaretta

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Ecco…ci siamo…è dal 19 agosto che aspettiamo questo momento…nel frattempo tanti sogni e notti insonni…e ora finalmente è arrivato!!!! Davanti a noi il materiale è pronto per essere insaccato, operazione che facciamo con cura, mentre mentalmente rifacciamo la lista del necessario per essere sicuri di non aver dimenticato nulla. Al solito anche Nino è venuto a darci il buongiorno e a condividere con me e Jack un buon macchiatone prima di iniziare la giornata. L’atmosfera è calma, tranquilla…ma l’esploratore che è in noi scalpita e si gusta ogni momento di questa preparazione che ci porterà verso gli Abrisassi. Portiamo con noi i nostri soliti 3 sacchi e un 4 lo recuperiamo strada facendo dentro in grotta. Per la prima volta viaggiamo diretti verso il campo base: niente riprese, niente armi da piazzare, niente altro da fare, “solo” i nostri sacchi da portare con noi. Senza rendercene conto viaggiamo abbastanza spediti e raggiungiamo il campo in sole 3 ore e mezzo: prima volta! e ne siamo soddisfatti! Ormai questo posto è un punto fermo nelle nostre esplorazioni e lo abbiamo reso un posto talmente confortevole che quando ci siamo dentro…ma chi ce lo fa fare di uscire???! Ci infiliamo subito in tenda, svuotiamo i sacchi di quel che dobbiamo lasciare al campo (materassini, vestiario, cibo, ecc.) e ci mettiamo comodi per gustarci gli ormai tradizionali tortellini in brodo. Una volta rifocillati e scaldati finiamo di preparare i sacchi con il materiale esplorativo e ci lanciamo verso il fondo. Strada facendo recuperiamo un terzo sacco con corde e attacchi che avevamo lasciato l’ultima volta, insomma, giusto per non perdere il vizio, continuiamo a viaggiare belli carichi. Riarmiamo il pozzo sceso l’ultima volta (abbiamo sostituito la corda con una della lunghezza giusta) e ripercorriamo il meandro esplorato l’ultima volta. La progressione non è agevole, le dimensioni del meandro sono molto a misura d’uomo (esile) e le pareti sono molto frastagliate e allo stesso tempo inconsistenti: i sacchi si agganciano ovunque e ogni appiglio dove poggiamo mani e piedi va prima “testato” perché le probabilità che questo ceda sotto carico sono piuttosto alte. Raggiungiamo la finestra dove eravamo arrivati l’ultima volta, cerchiamo un posto decente dove poggiare il materiale e iniziamo a ragionare sull’armo…la situazione non è delle migliori, tutto intorno a noi è instabile e fragile e fatichiamo non poco a trovare dove mettere 3 attacchi che ci permettano di affacciarci sul pozzo, quindi un bel nodo a doppia gassa ed eccomi appesa in corda, due parole alla GoPro che Jack porta sempre con sé e poi inizio a togliere la chiave al discensore e scendo piano piano, guardandomi attorno, valutando la situazione…accidenti che grande! Sotto di me ancora una volta frana e massi ciclopici accatastati qua e la… Dopo un paio di frazionamenti e poco meno di 20 metri di discesa, atterro su un massone per dare il libera a Jack con il quale non vedo l’ora di condividere l’esplorazione di questo nuovo ambiente grande 25 metri per quasi 10 di larghezza. Un giro veloce intorno a noi ci fa subito capire che la situazione è identica al pozzo sceso la volta precedente: pavimento di frana sotto il quale scorre l’acqua infilandosi in posti a noi non accessibili, così la “seguiamo” da sopra, tenendo praticamente sempre la stessa direzione (viaggiamo verso sud). La frana si abbassa e noi con essa, sempre testando ogni sasso sopra il quale mettiamo i piedi e…sorpresa! arriviamo ad affacciarci sopra un nuovo grande pozzo…incredibile!!! “Sconvolti” penso sia la parola giusta per descrivere la nostra reazione di fronte a cotanta roba…una bocca nera che riusciamo a vedere affacciandoci su un parapetto di massi accatastati alla bene e meglio. C’è parecchio stillicidio e sentiamo un fortissimo rumore d’acqua, come di una cascata, provenire dal fondo e poi aria, aria e ancora aria…abbiamo tutto: corde, attacchi, il nostro nuovo trapano ma la situazione è…complicata. Frana sopra di noi… frana sotto di noi…frana intorno a noi che ispira tutto fuorché stabilità… l’unica parete che potenzialmente potrebbe essere buona per tentare un traverso che ci consenta di toccare la frana il meno possibile è proprio sotto l’acqua… la tensione diventa tangibile. Siamo qui, in questo posto dimenticato da Dio e sconosciuto al resto del mondo, a circa un’ora e mezza dal campo e a 5 ore, forse anche 6 dall’ingresso, in una frana che sembra continuare all’infinito, senza tregua…per una volta che troviamo la via aperta e non c’è bisogno di conquistare ogni metro come di solito accade…. Jack estrae ancora una volta la GoPro, vogliamo documentare il tutto per mostralo ai nostri amici, così mi preparo con un sasso sul bordo del pozzo che lancio sbagliando la mira, si ferma infatti poco sotto. Ripeto il lancio e stavolta sentiamo il sasso colpire qualcosa che fa partire una scarica di sassi…che rotolano… ma noi non ne ascoltiamo il tonfo finale…capiamo solo che la situazione è veramente tosta… La tensione diventa frustrazione e dopo mezz’ora di ragionamenti su come procedere, senza raggiungere alcuna conclusione soddisfacente, decidiamo di sospendere l’impresa…ci sentiamo oltre il limite consentito di sicurezza e abbiamo bisogno di dormirci sopra. Ritorniamo sotto l’ultimo pozzo dove lasciamo un sacco ben fornito di materiale pronto per la prossima spedizione e ce ne torniamo al campo dove arriviamo quasi all’una. Ci ristoriamo con dei buoni tortellini caldi e poi una bella dormita fino a quasi le dieci del mattino ci rimette in sesto per riprendere la via verso l’uscita lungo la quale incontriamo alla base del P25 Nino e Chiaretta: anche stavolta i nostri amici ci sono venuti incontro. Immancabile lo spritz al bar della Valceccona dove ci attende ansiosa la nostra barista preferita con la quale condividiamo l’emozione del post-grotta. Alla prossima spedizione…


Scritto da

Elena

Elena Socio G.S.S. dal 2007

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