La storia delle tre malghe

(di Flavio Baù)

I luoghi adibiti ora come discariche, un tempo non lontano, furono mete di passeggiate, protagonisti nella grande guerra, terra di racconti e di leggende...

Caro Gil, visto che me l'hai chiesto ed hai insistito affinché ti mettessi per iscritto la storia delle tre malghe che un tempo ti avevo raccontato, eccomi qua a raccontartela per la seconda volta.

In un bel giorno d'estate di qualche anno fa, mi trovavo sulla gobba del Col del Rosso là dove i reticolati separano il confine di Gallio e di Asiago per un lavoro che dovevo fare in quel luogo. Una volta finito, prima di rientrare a casa, mi sono seduto sull'erba con il sole alle spalle. Era una gran bella giornata, il cielo era azzurrissimo, privo di qualsiasi nuvola e l'aria di metà mattino era una favola.

Così rilassato, mi godevo un' odiata sigaretta senza della quale non avrei gustato quel grandioso ed estesissimo panorama della pianura, del Grappa, delle montagne del Bellunese, delle Melette, dell'intero Altopiano e nel fondo del Pasubio e delle montagne Trentine lontano.

Dopo poco vidi venir su dal Col Novanta un vecchio che conoscevo di vista, ma non per nome e che riconoscevo essere del paese sottostante Sasso. Nella destra aveva un bastone e nella sinistra un cesto con dentro pochi funghi.

«Salve!» gli dissi, invitandolo a fare due chiacchiere.

Mi rispose contento che lo invitassi a fare con lui una parola. Rispose a tutte le mie domande. Mi parlò dei funghi, pochi che aveva trovato dopo tanto girovagare, del tempo che a guardar le nuvole in fondo all'orizzonte doveva cambiare e tante altre cose che riguardavano il paesaggio ed in particolare quello che ci stava intorno.

«Vedi — mi disse — da qui, dove siamo, vediamo bene la valle di Malaghetto che sta davanti e sotto di noi, ebbene questa valle è sovrastata da tre colli: Col del Rosso, Valbella e Ekar. Si incrociano i tre Comuni con la loro proprietà: Asiago, Valstagna e Gallio. Vi sono tre malghe: Malaghetto di Gallio, Malago di Valstagna e Malagon di Asiago ed ogni malga non possiede la solita pozza come abbeveratoio per le vacche, ma ogn'una di esse ha un suo più ampio laghetto. Ebbene tanti anni fa, deve essere stato un paio di secoli fa, tre fratelli padovani montarono ciascuno la propria malga che avevano affittato per la stagione dai rispettivi Comuni proprietari. Un bel giorno si ritrovarono nel fondo valle sulla strada in cui s'incrociano i confini dei tre Comuni e li sì scambiarono oltre i saluti le loro situazioni. Il fratello che possedeva, quella che oggi è la ma malga Malaghetto disse agli alti due: venite a trovarmi che vi faccio vedere la mia malga e el "me-laghetto"; gli altri due andarono e videro la sua malga e il suo laghetto. Il secondo che possedeva la malga che oggi è Malago ribatté agli altri due: venite voi da me che vi faccio vedere la mia malga e el "me-lago". Andarono a vedere la sua malga e il suo lago. Ma quando il fratello che possedeva la malga che oggi è Malagon vide il primo laghetto e poi il secondo lago li sfidò: adesso dovete anche voi venire a vedere la mia malga e el "me-Iagon". Fu così che le tre malghe vennero da allora in poi chiamate: Melaghetto, Melago e Melagon, italianizzate in seguito con la storia con l'iniziale "Ma" nei tre nomi che oggi tutti conosciamo: Malaghetto, Malago e Malagon. Capito?».

Questa fu la spiegazione di quel vecchio che, così almeno appariva a me, mi sembrava una storia verosimile ed io gli diedi credito, facendo un chiaro atto di fede...

Lo salutai alla vecchia maniera come si usava un tempo salutare un vecchio zio che si riteneva oltre ad un parente anche un vecchio saggio: «Ve saludo Barba!, ve saludo e grasie par la bela storia!».

Stoccareddo di Gallio
Testimonianza raccolta da Giliano Carli Paris il 18/8/2004