Abisso Est
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Abisso Est
0655 V VI

Esplorato da

Gruppo Grotte CAI Schio (1968)
Gruppo Speleologi CAI Malo (1982)
Gruppo Speleologico Settecomuni (1989)

Rilievo Topografico

Pierantonio Rigoni Zurlo

Coordinate WGS 84

45° 48' 41.96" N, 11° 33' 46.38" E

Coordinate M. Mario

45° 48' 42" N, 0° 53' 16" W

Specifiche

  • Anno: 1968 - 1982 - 1989
  • Numero Catastale: 0655 V VI
  • Area Carsica: SC09
  • Sviluppo: 871/-344
  • Quota s.l.m.: 1208
  • Località: Camporossignolo
  • Comune: Lusiana
  • Provincia: Vicenza

Posizione sulla mappa

La posizione potrebbe essere solamente indicativa.

Storia esplorativa

E' il caso di dire che non c'è due senza tre. Infatti dopo Abri-Sassi e l'Obelix, ecco ora anche l'Abisso est.

Questa grotta, che si apre a quota 1204 sul col dei sette busi in prossimità di Campo Rossignolo, non è una grotta nuova anzi le prime esplorazioni risalgono agli anni cinquanta ad opera del vecchio Gruppo Grotte Asiago. Successivamente viene ripetuta dall'Ass. XXX Ottobre di Trieste. Nel 1968, il GG Schio nel corso di un campo effettuato nella zona esplora e rileva parecchie cavità, tra le quali anche l'Abisso est.

Nel 1982, alcuni speleologi del GS Malo scoprono, a lato dell'ingresso della vicina Voragine di mezzo, una serie di pozzetti veramente bella che entra lateralmente nel grande P85 dell'Abisso (via dei malesi). E veniamo all' '89. Agli inizi di quest'anno, Sandro e Sergio si fanno un giro nella zona e scendono la Voragine di mezzo. Uscendo, notano lo stretto ingresso della via dei malesi che ritengono inesplorata. Ritornano con qualche rinforzo la settimana seguente e lungo la discesa trovano qualche spit. Scendono comunque a fare qualche foto e nella saletta terminale a -90 (-94 se si tiene conto del nuovo ingresso che parte dalla Voragine di mezzo) notano un forte corrente d'aria che esce dalla frana. Rimuovono alcuni massi ma il lavoro si rivela lungo e faticoso e dopo un po' desistono. Dopo alcuni mesi, a maggio, si ritorna a scavare e in alcune ore si scende ancora di qualche metro dove, tra i massi si vede la partenza di un meandrino molto stretto da cui non si passa. Torniamo ancora all'Est alla fine di novembre e stavolta è la volta buona: tiriamo su ancora alcuni grossi massi e iniziamo la disostruzione (leggi Bosch e Aspro). In due ore si allarga ed entriamo, attraverso un paio di strettoie limite in una zona molto complessa (labirinto) formata da varie salette comunicanti che esploriamo fermandoci all'imbocco di uno stretto pozzetto (pozzo delle slave), da cui esce l'aria. Siamo soltanto a -100 ma quel che più conta è che il vecchio fondo ha ceduto.

Storia delle esplorazioni recenti

26/11/89 Part.: Pozza S., Rigoni P., Ronzani S., Vellar L.

Dopo molte domeniche passate a disostruire alla Giasara con risultati alterni, torniamo all'Est per proseguire il lavoro iniziato a maggio. All' ingresso della via dei malesi esce una forte corrente d'aria calda (temperatura esterna 0° C). Il passaggio che stiamo liberando tra frana e parete è piuttosto esiguo per cui si devono trasportare i grossi massi fino alla saletta terminale a -94. Allargato un varco alla meno peggio, incontriamo una frattura larga non più di 10-15 cm. che allarghiamo in alcune ore e finalmente passiamo. Scendiamo di qualche metro ed entriamo in una zona formata da più vani comunicanti molto concrezionati al di là della frana. Da qui un altro saltino immette in una breve spaccatura che dopo alcuni metri lascia il posto ad un pozzo, strettino ma transitabile, profondo almeno 20 metri. Purtroppo non abbiamo con noi alcuna corda e perciò usciamo.

3/12/89 Part.: Pernechele P., Pozza S., Rigoni A., Rigoni P., Ronzani S.

Entriamo alle 9 di mattina. Giunti a -94 allarghiamo la seconda strettoia che in breve diventa un'autostrada. Incomincio il rilievo aiutato da Sergio mentre gli altri iniziano a pulire la partenza del pozzo da esplorare che parte da -104. Il rilievo del labirinto si rivela molto complesso e lungo. Rileviamo quasi tutto e verso mezzogiorno, richiamati dalle urla degli altri siamo costretti, nostro malgrado, a sospendere il rilievo e a scendere a nostra volta il P28 per portar giù batterie e trapano per armare. Il pozzo, inizialmente stretto, si allarga dopo il frazionamento posto qualche metro dopo la partenza, per raggiungere sul fondo le dimensioni di 10x5 circa. La base del pozzo è costituita da una ripida china detritica. Qui, una condottina laterale che sbocca dalla parete est, deposita sul pavimento acqua e fango, tanto da rendere scivolosa la china. Una nicchia concrezionata, posta sulla parete nord, immette in un meandro che da sul successivo P37. Alla base della china, sul lato sud, alla destra di chi scende, una spaccatura larga un metro per 7-8 di altezza, immette sempre nel P37. E' qui che raggiungiamo gli altri che euforici aspettano il Bosch per armare. Facciamo prima uno spuntino e poi giù. L'armo del pozzo non è semplice in quanto la roccia è tutta marcia. In qualche modo arriviamo ad una cengia, quindici metri più in basso, che aggiriamo e con un altro spit si scende nel vuoto fino in fondo. Il pozzo è cieco (lo chiameremo pozzo ceko). A 7-8 metri dal fondo, pendolando, si raggiunge una grande finestra che dà in una frana a lato della quale si apre un grande pozzo a campana (P30). La corda che abbiamo non basta e perciò risaliamo.

17/12189 Part.: Rigoni P., Ronzani S., Vellar L.

Ha piovuto per quasi tutta la notte e verso le 8, ora prevista per la partenza fa ancora qualche goccia. Dovevamo essere in sei ma il maltempo ci ha dimezzati. Decidiamo di partire comunque e verso le 9, quando stiamo per entrare in grotta ricomincia a piovere. Scendiamo e perdiamo un po' di tempo sui pozzetti. Devo scendere a staccare l'ultimo frazionamento per permettere a Loris di tirar su la corda e scaricare alcuni massi che si sono mossi all'attacco del 2° pozzo laterale. Ci fermiamo poi a -170 circa. Con un traverso obliquo di alcuni metri ci spostiamo verso il centro del grande pozzo a campana, il più bello visto fin qui e che sul fondo a -200, raggiunge un diametro di 15 metri. Sul lato est, da una saletta, parte una spaccatura che risaliamo tra la frana per una quindicina di metri e una condottina, troppo stretta per essere percorsa. Sul lato Nord-Ovest invece, stavolta a due metri da terra, la solita finestra, oltre la quale una scarpata di sabbia e detriti porta alla sommità di un P40 ancora più ampio del precedente. Sul fondo, una lunga rampa scende fin dove occhieggiano due neri pozzi che danno entrambi in uno stesso camerone. Sono ormai le 17, mettiamo l'ultimo spit per la prossima volta, facciamo qualche foto e poi ripartiamo. Alle 19 siamo fuori, dove in una notte buia, ci stanno aspettando Angelo e Sergio, curiosi di sapere le novità.

25-26/12/89 Part.: Rigoni A., Rigoni P., Ronzani S., Vellar L.

Arriviamo all'ingresso all'imbrunire e quando entriamo, verso le 18, si è già fatto buio. Durante la discesa vengono modificati alcuni armi. A -40 si mette uno spit al posto di una fettuccia e così a -100. A -150, sul P. Ceko, si mette un'altro spit in un punto dove la corda tocca un po' e a -210 viene modificato l'armo del P38 in modo da scendere più a nord. Alle ore 20,30 siamo a -230, sul bordo del pozzo inesplorato. Si tratta di un P28, con due ingressi che poi si fondono, molto grande e battuto sul fondo da un forte stillicidio. Dall'ampio salone che forma la base del pozzo (-260), parte una grande galleria ascendente molto bella, scavata in un punto in cui gli strati sono molto obliqui (-45-50°), che poi ridiscende e si biforca. A sinistra in basso continua fino ad una sala che abbiamo visto di sfuggita, mentre risalendo sulla destra, attraverso un passaggio a prima vista insignificante, si entra in un ambiente di crollo. Sul lato sud-est del suddetto salone, parte un bel meandro che sembra chiudere dopo una decina di metri con un pozzo. Sul lato sud-ovest si trova una galleria discendente che dopo pochi metri è ostruita da una frana. La via buona si trova sul lato nord dove, nel punto più basso del salone, pochi metri di meandro permettono di raggiungere la partenza di un grande pozzo. Questo pozzo, rivelandosi poi un P90, ha chiesto un armo piuttosto complesso essendo piuttosto inclinato e presentando frequenti ponti di roccia. Inoltre, data la gran quantità di fango e colate calcitiche presenti lungo tutto il pozzo, non è stato facile trovare dei posti buoni per mettere gli split. Comunque, verso le 23,30 prima di affrontare il pozzo, facciamo una breve sosta e mentre Angelo torna a malincuore verso l'uscita (impegni di lavoro) ci facciamo un buon tè e mangiamo un panino. Ripartiamo verso le 0,15 e come già detto l'armo sarà tutt'altro che semplice. Arriviamo in fondo (rilevando) alle 3,30 a circa 335 metri di profondità. Qui purtroppo la corda finisce e non ci permette di scendere il successivo P7 con laghetto alla base. E' qui che con grande stupore, notiamo un pipistrello appeso che dorme beato e che fotografiamo. In questa zona vi è la parte più bella della grotta; un angolo della sala in cui abbiamo trovato il pipistrello è interamente occupato da concrezioni a dir poco stupende e risalendo un po' si incontrano due condotte concrezionatissime in cui è un vero problema entrare senza far danni per il gran numero di stallatiti, stalagmiti e colonne che ostruiscono il passaggio. Scattiamo ancora qualche foto e poi, verso le 4,15 risaliamo. La risalita si presenta subito dura a causa della grande quantità di fango che intasa i bloccanti per cui, ad ogni movimento bisogna richiamare la corda verso il basso con la mano in quanto questa non scorre nel kroll. Usciamo verso le 7,40 del 26, dopo aver disarmato la via dei malesi.
Si entra alle 17 di sabato 6 gennaio, giorno dell'Epifania e scendendo rileviamo la via dei malesi. Abbiamo con noi 220 metri di corda in due sacchi con la quale contiamo di arrivare ad almeno 500 metri di profondità. Scendendo diamo un'occhiata al salone che sta in fondo alle "gallerie del nane" e notiamo tra la frana un'apertura che dà su un saltino da 10 da cui esce un po' d'aria. Lasciamo comunque perdere e scendiamo verso il fondo a -334 che sembra decisamente essere la via più promettente. Sull'ultimo frazionamento del P90, Giglio si incasina in quanto la corda, bagnandosi, si è notevolmente accorciata e il discesore gli si è bloccato di traverso. Scende Loris su di un'altra corda e in qualche modo riesce a liberare il malcapitato. Arriviamo così a -334 dove scendiamo il P7 sul quale ci siamo fermati nella precedente punta, e il successivo P3. Qui ci attende una brutta sorpresa: la grotta prosegue ma con una stretta condottina semintasata da fango da cui non si passa. L'intoppo ci lascia delusi e senza parole (si fa per dire, in quanto, di parole se ne sentono anche troppe ma non sono ripetibili). La grotta, fin qui sempre grande, ci aveva illusi e francamente un ostacolo del genere qui non era previsto tanto che non abbiamo con noi i tanto cari attrezzi da disostruzione che sempre, ultimamente, ci accompagnano. Rileviamo fino a -344 e risaliamo alla "sala del rodolfo" per mangiare qualcosa dove notiamo l'assenza del nostro caro pipistrello che probabilmente si sentiva disturbato ed ha preferito cambiare zona. Diamo poi un'occhiata alle stupende condotte concrezionate che risultano però chiuse dagli abbondanti depositi carbonici. Mentre io e Sandro rileviamo, Loris e Giglio ridiscendono la saletta terminale per tentare di togliere uno spuntone che ostruisce la condotta con l'aiuto del Bosch e di un martello da roccia. Dopo circa una mezzora scendo ad aiutarli e alternandoci nel lavoro, in breve tempo riusciamo ad allargare. Seppur di malavoglia mi infilo nel budello di cui dimensioni sono proprio al limite. Avanzo nel fango alto 15-20 cm. per 7-8 m. dove la condotta fa una secca curva a sinistra dopodiché, fortunatamente, il fango cala fino a scomparire. Avanzo ancora strisciando per 15-20 metri finché mi trovo davanti ad un grande masso che mi sbarra la strada. Oltre, si vede che il cunicolo è sempre piuttosto stretto ma continua. In questo punto ritrovo il nostro amico Rodolfo (leggi pipistrello) appeso alla volta proprio sopra al masso. Lo prendo delicatamente e poi lo riattacco un po' di lato e lui lascia fare senza svegliarsi del tutto. Provo a passare ma non ci riesco, mi giro perciò in qualche modo e torno indietro fino alla saletta terminale a -344 dove giungo infangato in maniera orrenda. Approfitto del laghetto per darmi una lavata e poi scarburiamo. Purtroppo, dovremo tornare all'esterno con tutta la corda che abbiamo portato a spasso per niente. Ripartiamo verso l'uscita più avviliti che mai e alle 9 di mattina, dopo 16 ore di grotta, siamo fuori. Per il momento addio -500 ma se ne riparlerà la prossima volta.

P. Rigoni